Cass., Sez. III Civile, 11 settembre 2014, n. 19149
Con la sentenza in esame la Suprema Corte ribadisce l’orientamento secondo cui il giudice prefallimentare che ha deciso negativamente in ordine al ricorso del creditore – ex art. 6 l.f.. – ha competenza funzionale ed inderogabile non solo sul rimborso delle spese processuali, ma anche sul risarcimento dei danni da responsabilità aggravata a norma dell’art. 96 c.p.c.
La ratio di tale impostazione, già percorsa dal giudice di legittimità in diverse pronunce (tra le altre, Cass. Civ., sez. I, sentenza 28 febbraio 2000, n. 2216), risiede nel rispetto del principio sancito dall’art. 111 Cost. che vieta interpretazioni delle norme processuali volte a dilatare l’attività giurisdizionale. In altre parole, non vi è motivo di demandare la decisione sulla responsabilità aggravata ad un secondo e separato giudizio quando tutto potrebbe risolversi all’interno del medesimo procedimento.
L’assunto in questione è stato altresì corroborato da Corte Cost. 20 luglio 1999, n. 328, la quale ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 22, comma 2, l.f. nella parte in cui non prevede che avverso il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento possa proporre reclamo alla corte d’appello il debitore in relazione al mancato accoglimento da parte del tribunale di domande proposte dallo stesso debitore.
La mancata pronuncia da parte del tribunale adito, dunque, comporterebbe la violazione degli artt. 91 e 96 c.p.c. ed insieme del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato contenuto nell’art. 112 c.p.c.
E’ bene infine ricordare che il giudice investito di tale decisione potrà e dovrà svolgere comunque un’istruttoria piena e completa, compiendo tutti gli accertamenti necessari (compreso, se del caso, acquisire documenti, assumere prove testimoniali, disporre consulenze ecc.).